Diagnosi

La valutazione diagnostica di un paziente con sospetto ADHD dell’adulto deve essere effettuata da un medico specialista in psichiatria e si sviluppa in due momenti principali: 1) valutazione clinica; 2) valutazione testistica.

La valutazione clinica comporta l’analisi della condizione attuale del paziente, la raccolta di informazioni utili a ricostruire la sua storia clinica (dalla fanciullezza all’età adulta) e l’esclusione di condizioni mediche generali/abuso di sostanze stupefacenti e alcol, che possano essere causa degli attuali sintomi riferiti. Risulta fondamentale, quindi, effettuare colloqui clinici direttamente con il paziente, raccogliere le informazioni provenienti dai familiari ed approfondire eventuali problematiche mediche, mediante esami ematochimici e strumentali. Come avviene nella valutazione di altri disturbi psichiatrici, è necessario riconoscere i sintomi specifici della patologia, un determinato arco temporale all’interno del quale si sono manifestati ed è necessario valutare come questi sintomi compromettano il funzionamento del soggetto in ambito lavorativo-sociale-familiare. In accordo con il DSM-5 la diagnosi di ADHD dell’adulto può essere formulata nel momento in cui il paziente presenti un numero minimo di sintomi cardine (almeno 5), che devono persistere per almeno 6 mesi, essere presenti anche prima dei 12 anni e la loro gravità deve essere tale da causare un’alterazione o una riduzione della qualità del funzionamento. Durante la valutazione clinica è inoltre fondamentale porre attenzione alla corretta diagnosi differenziale fra l’ADHD dell’adulto ed altri disturbi psichiatrici e valutare attentamente l’eventuale compresenza di altre patologie psichiatriche (comorbidità psichiatriche).

La valutazione testistica comporta l’utilizzo di test di screening e di questionari diagnostici, somministrati esclusivamente da un medico specialista in psichiatria o da uno psicologo. Come in tutti i disturbi psichiatrici, l’impiego di scale psicometriche deve essere considerato sempre e solo come un elemento accessorio, da integrare ai colloqui con il paziente: l’elemento fondamentale per la diagnosi rimane la valutazione clinica. Nonostante le tipiche difficoltà di attenzione e concentrazione dei pazienti con ADHD possano apparentemente rappresentare un ostacolo alla somministrazione e alla buona riuscita di un test, tuttavia, l’iperfocus che questi soggetti manifestano quando si trovano in condizioni di particolare interesse può verificarsi anche nel corso della visita specialistica, rendendo, quindi, attendibili i risultati del test.

Nell’ambito del percorso di valutazione diagnostica è, inoltre, fondamentale cercare di comprendere quali siano i motivi per i quali un disturbo, che per definizione presenta un esordio durante la fanciullezza, arriva ad una possibile diagnosi solamente nell’età adulta. Le motivazioni possono essere molteplici e vanno dalle caratteristiche specifiche del disturbo del paziente, alle risorse individuali dell’individuo, a quelle familiari e alla scarsa attenzione al riconoscimento di queste problematiche da parte dei clinici (neuropsichiatri infantili/psicologici clinici) e insegnanti:

  • Il sottotipo di ADHD con manifestazione disattentiva prevalente spesso non viene identificato durante il percorso scolastico. La popolazione generale, gli insegnati e i clinici tendono ad identificare l’ADHD con i sintomi di iperattività e impulsività, che rappresentano la parte più “visibile” del disturbo e che frequentemente determinano problematiche di tipo comportamentale. I bambini e adolescenti che manifestano esclusivamente i sintomi disattentivi sono, quindi, frequentemente non riconosciuti e considerati dei soggetti che si impegnano poco nello studio.
  • La contemporanea presenza di altri disturbi (ad es. disturbi specifici dell’apprendimento, disturbi dell’umore o disturbi della condotta) può portare al mancato riconoscimento del disturbo principale, l’ADHD.
  • Elevate risorse personali, come ad esempio un elevato livello di Quoziente Intellettivo, possono far sì che i bambini e adolescenti riescano a compensare le difficoltà disattentive che si manifestano in maniera più evidente quando aumenta il carico prestazionale (passaggio alle scuole superiori, università, impegni lavorativi e vita familiare).
  • Elevate risorse familiari possono bilanciare le difficoltà del bambino/adolescente: quando i genitori sono molto presenti (ad es. seguono il bambino durante lo svolgimento dei compiti scolastici o assumono del personale per aiutare i figli nello studio) le performance scolastiche possono rimanere sufficienti e quindi non far emergere una possibile problematica. In questo senso, le difficoltà del soggetto si renderanno evidenti con una maggiore autonomizzazione, che nello studio si verifica durante le scuole medie/ superiori, mentre nell’ambito della organizzazione della vita quotidiana si rende maggiormente evidente durante gli anni dell’università e con l’inizio dell’attività lavorativa.
  • Un ultimo elemento da tenere in considerazione è rappresentato dalla possibile presenza di bias culturali e familiari: in alcuni contesti ambientali determinate difficoltà, in ambito scolastico e non solo, vengono semplicemente considerate come delle caratteristiche individuali, non meritevoli di attenzione medica, senza considerare il loro possibile impatto in termini di sofferenza individuale o di scarso raggiungimento di risultati personali. Spesso, inoltre, l’accesso ai servizi di salute mentale è ancora gravato da forti pregiudizi, che si rendono ancora più evidenti quando si tratta di soggetti in età pediatrica.

Infine, è importante sottolineare come nell’ADHD dell’adulto, più che in altre condizioni psicopatologiche, il percorso diagnostico e il momento della restituzione della diagnosi rappresentino un momento di cruciale importanza: le difficoltà della vita vengono comprese all’interno di una nuova cornice di lettura, che diventa il punto di partenza di un percorso di cura, finalizzato al progressivo miglioramento della condizione esistenziale del paziente.

La diagnosi: che cosa si valuta?

La competenza diagnostica è dello psichiatra.

La valutazione del paziente con possibile ADHD è una procedura delicata che dovrà seguire un “Protocollo: Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM5) almeno 5 sui 9 sintomi di disattenzione, iperattività, impulsività sono necessari per la Diagnosi. I sintomi devono essere presenti in più di un ambiente di riferimento del paziente (scuola. Università,, sociale e professionale) e che questi comportino una elevata  compromissione  dei funzionamenti dell’esistenza. 

Quali tipi di valutazione, indagine, esplorazione verranno  effettuati in sede di Diagnosi?

  1. INDAGINE SUL PERIODO INFANZIA E ADOLESCENZA- PRESENZA DEI SINTOMI CARDINE (l’ADHD è un disturbo del neuro-sviluppo, i cui sintomi principali sono disattenzione, iperattività impulsività ) Indagine che si esplica attraverso il colloquio clinico, l’intervista ai genitori (se ancora in vita) o altri parenti e conoscenti).  
  2. QUESTIONARI CHE ESPLORANO I SINTOMI NELL’INFANZIA, ADOLESCENZA E QUELLA ODIERNA per permettere  un’osservazione  delle diverse fasi di età del paziente. In questo modo si potrà: 1- ricostruire il disturbo anche nell’infanzia; 2-valutare  i sintomi ancora residui dell’ADHD nell’età adulta.
  3. INDAGINE NEUROPSICOLOGICA per mezzo di I TEST per misurare: Attenzione delle funzioni esecutive (es. abilità di pianificazione), ‘impulsività e della memoria a breve e lungo a termine. Nel confrontare e misurare le diverse aree esplorate (es. attenzione – pianificazione) è possibile comprendere quali sono le aree cognitive nelle quali il paziente ha maggiori difficoltà. Questi risultati saranno utili per indicare, dopo la diagnosi, i tipi di interventi terapeutici e/o riabilitativi da attuare. 
  4. INDAGINE PSICHIATRICA attraverso l’osservazione clinica dello psichiatra esperto con interviste e compilazione di questionari. Questa valutazione serve a rilevare la presenza o meno di disturbi psichiatrici associati alla ADHD, è necessario saper valutare se un disturbo psichiatrico presente (ad es. un disturbo d’ansia o panico, un disturbo borderline o una depressione maggiore) possa essere prevalente rispetto all’ADHD (anch’esso presente) e pertanto vada affrontato subito.
  5. INDAGINE DIFFERENZIALE (è o no presente l’ADHD?). Inquadramento del vissuto del Paziente con l’ADHD senza diagnosi e senza interventi terapeutici.  Da ciò si valutano le conseguenze che ne sono derivate come difficoltà (disattenzione, disorganizzazione, impulsività, etc.) spesso con fallimenti per raggiungere i propri obbiettivi nella vita. Questo ha penalizzato la qualità delle relazioni con i genitori, fidanzata/o, moglie, amici, colleghi di lavoro, datore di lavoro lasciando un segno profondo . Si valuta se il Paziente abbia saputo costruire strategie psicologiche, come risorse interne , per saper affrontare la sofferenza emotiva, le rinunce, le sfide. L’inquadramento della personalità che significa offrire al paziente indicazioni di intervento efficace e funzionali ad affrontare, oltre all’ADHD, anche gli aspetti disfunzionali della personalità per migliorare la qualità della sua vita.
  6.  VAUTAZIONE DELLO STATO DI SALUTE FISICA considerato che un paziente con ADHD è spesso più esposto degli altri a problemi di salute fisica attraverso  dati anamnestici che documentazione clinica che darà un quadro completo del paziente.  Ciò diventerà utile ai fini nell’eventuale impiego  delle terapie farmacologiche più opportune,  utili al paziente ad affrontare anche i suoi problemi di  salute fisica .

Processo di diagnosi